GIOVEDI’ 12 GIUGNO 2008 ORE 19.00 – STAZIONE QUATTRO VENTI

RESOCONTO:

Luoghi comuni .immaginati   L’altra sera alla libreria Amore e Psiche c’è stato un incontro – disponibile in differita su internet: www.mawivideo.it – intitolato La città disumanizzata con la partecipazione di alcuni urbanisti tra cui Italo Insolera. L’incontro, forse un po’ troppo lungo, si è vivacizzato nel dibattito finale che ha chiuso l’evento. Mi sono preso un po’ di appunti, ci ho dormito sopra, certamente avrò anche sognato. Certamente, poi, mi sono riaffiorate nella mente le immagini di giovedì sera quando abbiamo fatto un sopraluogo nella piazza e nella zona intorno alla stazione di via Quattro Venti. Non so perché il ricordo di quel sopraluogo, apparentemente normale, si trattava di rendersi conto da vicino delle possibilità di utilizzo di quella zona, quel ricordo, dicevo, si è trasformato inaspettatamente in qualcosa che, forse, potremmo definire memoria onirica o, in ogni caso, immagini che non hanno certamente la definizione del ricordo cosciente che serve agli esseri umani per le cose di tutti i giorni e agli animali per la sopravvivenza. Ecco è rimasto come il ricordo di un film visto nel dormiveglia. vi è mai capitato? E mi sembra di aver detto a qualcuno del gruppo che il luogo, meglio il muoversi in quel luogo, in quel modo, mi ricordava due film di Tarkovskij: Solaris e soprattutto Stalker dove una guida "sciamanica" accompagnava alcune persone alla "stanza dei desideri",attraversando una zona desolata ma affascinante come le vecchie fabbriche abbandonate.

 

 

 

Ricordo, ne ho memoria, che qualcuno mi ha portato all’interno, nel sottosuolodella stazione. Lì, la desolazione non lasciava spazio alla fantasia che ricreala realtà: nei sotterranei c’era un impossibile connubio di un nuovo appena costruito e un fatiscente che divora l’opera dell’uomo. Mi è stato detto che c’è una falda acquifera che sta allagando gli ambienti profondi della stazione. E mi è stato detto che i politici stanno facendo i finti tonti facendo confusione su "di chi è che cosa". Chi deve curare questi spazi, interni edesterni? Chi deve incanalare la falda acquifera? Chi deve dare uno spazio dalvolto umano a questa zona che, devo dire, credetemi, fateci un giro, offre delle splendide opportunità per la gente del quartiere. Non vorremmo, noi che ci stiamo innamorando di questa idea dei "luoghi comuni" divenire novelle Cassandre e vaticinare un desolante parcheggio che ricoprirà il suolo, gli alberi e i polmoni che appartengono agli abitanti di questa zona. Ora, individuare un problema, significa non solo analizzarlo, ma contrapporvisi, rifiutarlo, e pensare a come fare per risolverlo. E quindi si deve immaginare e poi inventare questo ed altri "luoghi comuni" e poi far sì che queste immagini divengano prassi, fare. Questa zona deve ritrovare il rapporto con il tempo, deve venire "contamina" dalla gente che crea, con il movimento dei corpi una forma umanizzata perché non immobile, in divenire. Solo la presenza delle persone rende una piazza "piazza"; Una piazza vuota è solo un luogo di attraversamento, un ponte tra duevie dove ci si intravede frettolosamente per pochi, inutili, attimi. Ma per far ciò si deve creare e spazi e strutture atti a far stare bene insieme le persone  del quartiere. Forse dovremmo cominciare a pensare di espropriare i "luoghi comuni" dalla logica di mercato talmente onnipresente, psicotica ed astratta da creare situazioni orribili come quelle del Santa Rita di Milano. Forse dovremmo cominciare ad immaginare la realtà liberandola dalla reificazione: un albero non è una cosa fatta di legno e foglie, è quella strana divinità che, con la sua ombra, dà sollievo agli umani affaticati dal sole e sotto il quale ci si può baciare, anche se, nella logica di mercato, un bacio non ha alcun senso perché non si guadagna niente.

La nostra storia ce la dobbiamo inventare da soli, perché altrimenti la storia ce la fanno gli altri con la "logica di mercato" così tanto logica e così poco umana.

 

Per vedere le altre foto della passeggiata lungo l’area cliccate in alto a destra su "album" poi su "STAZIONE QUATTRO VENTI" e poi su "La passeggiata …".

Posted in APPUNTAMENTI | Comments Off on GIOVEDI’ 12 GIUGNO 2008 ORE 19.00 – STAZIONE QUATTRO VENTI

LUNEDI’ 26 MAGGIO 2008 ORE 18.00 – TEATRO VASCELLO

RESOCONTO:

Progettiamo i nostri spazi

Lunedì 26 maggio nel foyer del Teatro Vascello alcuni abitanti di Monteverde si sono incontrati per dare un concreto seguito agli articoli/lettere apparsi sugli ultimi tre numeri di Quattro Passi e alle riflessioni fatte durante l’iniziativa “Piazza per la Sostenibilità e la Pace” organizzata l’11 maggio a  Piazza Rosolino Pilo da Reti di Pace.

Tale incontro si poneva l’obiettivo di discutere insieme della situazione di abbandono nella quale si trova l’area della stazione Quattro Venti ma si è arrivati ad analizzare anche altre realtà del quartiere che versano in condizioni simili come il Teatro Vascello, gli alberi di Via Valla, l’edificio in ristrutturazione da mesi vicino a Porta San Pancrazio e poi anche del più ampio territorio del XVI Municipio con i casi di Massimina, il deposito comunale di Porta Portese, lo stabile che ospita(va) il Museo del Cinema a Piazza Ettore Rolli.  

Per ciò che riguarda Monteverde si è discusso sul perché due luoghi, riconosciuti entrambi come centrali dagli abitanti, per la loro rilevanza come spazi di incontro e di cultura del quartiere, siano stati abbandonati dalle istituzioni e se gli abitanti debbano e, nel caso, in quale modo riappropriarsene. La risposta è stata: dobbiamo farlo con tutte le nostre forze.

Ci rediamo purtroppo conto di come lo spazio pubblico oggi non sia più il luogo della socializzazione, del gioco, dell’incontro casuale ma sia ormai stato trasformato in spazio necessario alle funzioni cardine delle auto: il parcheggio e l’attraversamento sempre più veloce del territorio che si frappone, come un ostacolo, tra il punto di partenza e quello di arrivo; e di come anche gli spazi aperti che non hanno ancora una destinazione d’uso rischiano di divenire nuovi parcheggi multipiano, supermercati o centri commerciali.

Questo è infatti il futuro che è stato paventato per il Teatro Vascello il quale anche se ancora ha deciso di tenere duro già pensa che da settembre forse non riuscirà a dar seguito, tra l’altro, al “Vascello dei piccoli”: appuntamento teatrale per i bambini (e non solo). Ed il rischio che anche l’area della stazione possa avere un destino simile ci appare realistico.

Come si nota, la categoria che più risente di questo consumo iniquo del territorio è quella dei bambini/ragazzi: persone la cui opinione viene ritenuta superflua, considerati esclusivamente come meri consumatori, clienti coccolati dal mercato che gli si impone con la raffinata pubblicità televisiva. Non hanno alcun peso decisionale e le loro esigenze/desideri non sono mai considerate lì dove le decisioni vengono prese, essi dipendono così dalle scelte degli adulti in tutto e per tutto pur avendo bisogni diversi da questi ultimi. La loro dipendenza più grande è quella che riguarda gli spostamenti quotidiani. Autonomamente possono muoversi a piedi o in bicicletta ma la strada, a causa di politiche che non considerano le esigenze delle Persone, e soprattutto dei bambini, è sempre più insicura e quindi inadatta ad essere vissuta in autonomia da questi ultimi. Il bambino non conosce più il territorio in cui abita, ne le persone che lo popolano, e il viaggio anziché un momento di conoscenza diviene un semplice e asettico spostamento in auto dal punto A al punto B.  Sono gli adulti, inoltre, che vagliano le motivazioni per cui uscire di casa, gli  orari in cui farlo e i luoghi da raggiungere.

Quindi ci rendiamo conto, in primo luogo, che l’amministrazione non sta svolgendo, come invece dovrebbe, il suo ruolo di controparte rispetto agli interessi privati e di garante delle esigenze della collettività e di coloro che non riescono a far sentire la propria voce nelle contrattazioni. Inoltre pensiamo che l’amministrazione sia spesso poco trasparente e di conseguenza poco aperta ad una collaborazione reale e ad uno scambio costruttivo di idee con gli abitanti.

In base a queste motivazioni le persone, che si sono incontrate al Teatro Vascello in questa occasione, hanno deciso di costituire un Coordinamento tra tutte le realtà sociali e politiche e le individualità varie di Monteverde che vorranno aderire. Tale coordinamento mira a realizzare, in primo luogo, un progetto unitario e condiviso, sia spaziale che di gestione per l’area della stazione Quattro Venti che faccia emergere in maniera chiara il volere degli abitanti e la valenza di tale spazio come luogo centrale del quartiere. In seconda istanza si vuole ragionare sul complesso del quartiere e sugli altri luoghi che rivestono un ruolo fondamentale per la vita dei suoi abitanti. Infine si vuole ragionare sulle trasformazioni che stanno interessando o interesseranno il territorio municipale a cominciare da quelle previste dal piano regolatore.

Per fare questo si provvederà a reperire tutto il materiale necessario e a renderlo visibile a tutti mettendolo su internet in un blog creato appositamente:

www.luoghicomuni.noblogs.org.

Il coordinamento si incontrerà ogni due settimane. Il prossimo appuntamento sarà pubblicato su tale blog e chiunque volesse è invitato a partecipare.

 

Coordinamento Luoghi Comuni

luoghicomuni@inventati.org

Posted in APPUNTAMENTI | Comments Off on LUNEDI’ 26 MAGGIO 2008 ORE 18.00 – TEATRO VASCELLO

LA BELLEZZA CHE SERVE ALL’UMANO

Tempi duri, già tempi duri. Penso che un modo per uscire dalle sabbie mobili della tristezza sia afferrare al volo la lettera di Lara e l’articolo dell’ing. Carla Ortolani, apparsi negli ultimi due numeri di QP, e farci una piccola ricerca ed aprire un dibattito sulla bellezza. Guardando le immagini che scorrono sullo schermo televisivo pare proprio che la bellezza non serva a nulla: mai visto nulla di così brutto e squallido.

Ricordo, tanto tempo fa, andai a trovare un burbero artista che viveva solo in una casa che si affacciava sul lago Maggiore: «Vedi» disse « in questo paese ci sono molte morti per suicidio. Tutti si meravigliano. Io no. Vedi il lago è delimitato dalle montagne, è come se non si potesse andar al di là. Ė questo il motivo dei suicidi». Io, allora, pensai che fosse matto, forse un pò lo era, ma forse, in parte, aveva ragione. Non so perché questa memoria è riaffiorata alla mente leggendo di quel muro che interrompe il percorso ciclabile: che bruttura. Parlare, fare una ricerca sulla bellezza, in questo caso su uno spazio vitale per bambini, donne e uomini, ci toglie dall’angoscia dei “sogni della ragione” dove la realtà, soprattutto umana, viene reificata, fatta diventare cosa  da usare e sfruttare per l’utile materiale di chi ha perduto il senso profondo della bellezza o pensa che non serva a niente. Ricordo, un anno fa, la festa che ci fu in quella piazza, io sono stato bene, sono sicuro che molta gente è stata bene, i bambini di sicuro. Forse si stava bene perché si apriva uno spazio fantasma chiuso, come la stanza di Barbablù, per molti, troppi anni. Perché la bellezza della piazza sta nella gente che la vive come luogo di rapporto umano. Penso che la piazza appartenga a chi gli dà vita. Ricordo, un anno fa, c’erano anche i politici: chiediamo loro se sanno cos’è la bellezza e se, secondo loro, serve all’umano.

Gian Carlo Zanon

(pubblicato sul numero di maggio 2008 di Qp)

Posted in STAZIONE QUATTRO VENTI | Comments Off on LA BELLEZZA CHE SERVE ALL’UMANO

IL BENE COMUNE

E’ bello  che questo giornale sia veicolo di idee, di riflessioni; sarebbe bello se diventasse anche promotore di iniziative di carattere "comune". Leggevo su  "Carta" un intervento di Ulderico Pesce il quale sostiene che ormai il termine "pubblico" ha fatto il suo tempo e che ora bisognerebbe parlare di "comune": “Ciò che è comune è patrimonio nostro, non ciò che è pubblico.”[1] Mi è rivenuto in mente leggendo l’articolo di Chiara Ortolani sull’ultimo numero di Quattropassi. Il discorso sulla BELLEZZA ha molto a che fare con quanto Chiara afferma rispetto alla capacità della cittadinanza di appropriarsi di un luogo e farlo proprio. Altrimenti, spazi come quello della stazione Quattro venti rischiano di diventare "nonluoghi", senza significato, in attesa che intervengano davvero le autorità e i tecnici ad assegnare una loro non-identità. A questo proposito si potrebbe pensare di proporre  e/o riproporre un sondaggio ai cittadini di Monteverde, rivolgere loro la domanda: "Di chi è questo spazio? Lo senti tuo? Cosa ci faresti, Come te lo immagini?"  Sarebbe anche un modo di sfidare e sollecitare la fantasia delle persone, proprio perché non possiamo limitarci a essere semplici consumatori. Un primo passo, come una consultazione "di base"  da strutturare in forma di interviste o di questionario, per poi arrivare a una tavola rotonda di quartiere in cui le idee dei cittadini siano prese in considerazione per decidere cosa fare di quest’area, come appropriarsene. Ma poi bisognerebbe pubblicarne i risultati, farli circolare in modo da stimolare altre proposte. Questa è un’idea. Un’altra sarebbe quella di sollecitare i cittadini ad appropriarsi dello spazio da subito, mettendo in campo le idee senza aspettarsi ed attendere le soluzioni dall’alto, realizzando nel concreto iniziative autogestite: un sasso nello stagno, in attesa che si producano le onde che dal centro si propaghino ai margini. Mi chiedo se sia possibile che il Comitato di quartiere organizzi davvero questo sondaggio, che organizzi davvero una tavola rotonda in modo tale che le varie voci si incontrino e discutano dal vivo "di chi è questo spazio", valutando le idee finora emerse, come quella del community garden.

Chiara ha ragione: il problema non è di chiedersi se l’area sia del Comune o delle Ferrovie, è fuorviante. Piuttosto la questione è di chiedere se ognuno di noi, che lo attraversiamo lo viviamo e lo osserviamo, lo senta suo e gli attribuisca un significato. Magari intorno a quest’area, che sta cercando un’identità piena di senso, si potrebbe creare  un laboratorio attivo e reale per apprendere "la gestione partecipata".  La città è piena di luoghi senza identità, senza un nome. Dovremmo tornare tutti un po’ bambini e assegnare un nome alle cose e non solo: attribuirgli un’intenzione. Forse così riusciremmo a scoprire il vuoto e il nonsenso di tanti spazi che tuttavia frequentiamo, assuefatti come siamo. Ma io, forse proprio per via del mestiere che “faccio”, credo nelle possibilità e nelle potenzialità dei luoghi. Un’aula scolastica è il concentrato della spersonalizzazione, dello squallore e della freddezza. Muri sbiaditi sporchi e banchi malandati. Poca luce spesso e pochissimo spazio per i movimenti. Ma poi succede che nella relazione con i bambini assegni un significato profondo, affettivo, a quelle quattro mura. Non puoi derogare, delegare ed aspettare. Il lavoro svolto insieme nella quotidianità del fare trasforma gli spazi.  Le azioni educative ( e i cittadini devono educare la città) non sono mai neutre, sarebbe pericoloso. Così i luoghi, gli spazi “comuni”, non dovrebbero mai essere ingenui. Comunicano e trasmettono un loro preciso messaggio. Aspettano che gli si dia un senso, agendo. 

Iara  Ciccarelli Dias,maestra elementare

(pubblicato sul numero di maggio 2008 di Qp)


[1] “Carta”; "Testa o testa”, settimana 11-17 aprile

Posted in STAZIONE QUATTRO VENTI | Comments Off on IL BENE COMUNE

LA BELLEZZA DELLA CITTA’

L’oggetto di questa riflessione è come accade ormai da molto tempo, o meglio, da quando la stazione Quattro Venti è stata inaugurata, lo spazio aperto annesso e limitrofo alla stazione stessa.

Questo spazio, seppur degradato, seppur nato senza un progetto, senza arredo, senza un piano di gestione, ancora insoluto, con una ciclabile e un percorso che finiscono contro un muro e infrequentabile nelle ore calde dei mesi estivi attrae gli interessi di tutti. Interessi di ogni tipo.

Appena inaugurato è stato preso d’assalto dagli abitanti, bambini in testa ed è divenuto immediatamente il luogo di incontro degli abitanti delle due parti di Monteverde Vecchio che erano rimaste divise per quasi venti anni ossia da quando il vecchio e stretto ponticello che le univa, del quale l’unica traccia è ormai la semplice targa sul muro, venne chiuso e demolito.

Oltre a chi la pratica nel proprio tempo libero c’è anche chi la guarda, chi la osserva stupito chiedendosi perché uno spazio così spoglio attragga tante persone, chi invece con rassegnazione pensa che questo sarà un nuovo spazio del quale si approprieranno costruttori vari per realizzare centri commerciali, supermercati e parcheggi. Poi c’è chi si sdegna (giustamente) per lo stato di abbandono, o meglio, per il fatto che proprio l’abbandono e il degrado stiano ora divenendo l’alibi per usi impropri e privati come quello del parcheggio.

Però tanto interesse (da parte degli abitanti) unito a tanto degrado fa sorgere una domanda: di chi è questo spazio? Con questa domanda non mi sto interrogando se tale aree appartenga alle Ferrovie o al Comune ma se appartenga o meno agli abitanti di Monteverde ossia se questi la sentano come propria e se e quale sia l’immagine, la visione che essi hanno di  questo pezzo di terra nel futuro.

Di solito accade, e sta avvenendo a Magliana, così come a Cinecittà e come in altri quartieri romani, che gli abitanti guardino per anni le aree degradate interne al proprio quartiere e poi all’improvviso  cubature spropositate cadono dall’alto senza che gli abitanti possano più fermarle pur essendo consapevoli che questo ridurrà gli spazi comuni a disposizione e aumenterà la congestione.  

Il problema, secondo me, sta nel fatto che si tende ad affidare a un corpo di specialisti il compito di sondare e leggere il futuro. Si consegna il potere a uomini politici e a tecnici che promettono di costruire il futuro del nostro ambiente di vita. Si ottiene così una separazione sempre maggiore tra la sfera della competenza tecnica delle professioni e la sfera della vita quotidiana.

Questa separazione porta alla cancellazione delle esigenze dei cittadini.

Bisogna però, allo stesso tempo constatare che la persona non vive di soli beni e servizi, ma della libertà di modellare gli oggetti che gli stanno attorno, di conformarli al suo gusto, di servirsene con gli altri e per gli altri. Nei Paesi ricchi, i carcerati dispongono spesso di beni e servizi in quantità maggiore delle loro famiglie, ma non hanno voce in capitolo riguardo al modo in cui le cose debbano essere fatte, né diritto di interloquire sull’uso che se ne fa. Questo è ciò che sta avvenendo a noi abitanti della città moderna: siamo degradati al rango di consumatori-utenti allo stato puro, siamo liberi di servirci di ciò che ci viene detto essere utile a noi e alle nostre famiglie ma siamo privi della reale possibilità di scelta sul cosa vogliamo e come debba essere fatto.

Qui entra quindi in gioco la questione della bellezza della città introdotta da Lara nello scorso numero. Penso che proprio come il concetto individuale di utilità di un bene si basa su un fondamento oggettivo, cioè sulla sua capacità di soddisfare bisogni inerenti alla natura umana, così il concetto individuale di bellezza di un bene dipende da una prerogativa altrettanto oggettiva: la capacità dell’oggetto di espletare la funzione inerente alla sua forma: una gru non può essere un buon cucchiaio. D’altra parte qualsiasi forma in grado di svolgere la funzione ad essa assegnata ha, quanto meno, gli elementi essenziali per essere ritenuta bella.

Ciò che manca a questo luogo è capire quale sia la sua funzione e questo, secondo me, è un compito che spetta, come diritto e come dovere, agli abitanti stessi. Gli elementi ancora in embrione che lo costituiscono sono: uno spazio verde che si snoda lungo un percorso pedonale e ciclabile e un abbozzo di piazza.

Iniziamo a ragionare su questi elementi che mi è sembrato, parlando con le persone e leggendo questo giornale, siano elementi condivisi e che tutti coloro che hanno a cuore l’interesse comune, e non quello personale del parcheggio delle proprie auto, auspicano che diventino belli e che accrescano la qualità del quartiere.

Innanzi tutto direi che un percorso è tale se ha un’entrata e un’uscita quindi a mio parere si dovrebbe per prima cosa aprire uno sbocco dalla parte della circonvallazione. Cosa che non sarebbe nemmeno difficile se ci si accordasse con i proprietari della limitrofa strada privata per aprire un varco ciclo-pedonale all’estremità dalla parte della circonvallazione.

Una volta consentito tale passaggio sarà il via vai stesso delle persone a garantire il controllo sociale dell’area. Rimane però un problema di gestione dello spazio che se degradato non invoglia tale passaggio. Parlo di problema di gestione perché è mia opinione che né le ferrovie né il comune abbiano le forze per curare un’area così vasta ed è proprio quando questo forza manca che si richiede l’intervento dei privati. Allora sorge una seconda domanda: ma perché quei privati non possiamo essere noi abitanti? Abbiamo gli stessi, se non più diritti di chiunque altro e uno scopo a mio avviso più alto: non più un interesse legato ad un profitto privato ma un interesse collettivo.

Una proposta interessante può essere quella di realizzare un community garden, cioè di uno spazio verde attrezzato, di cui già da tempo esistono esperienze europee (alcune anche italiane) e americane, che ha l’obiettivo di aumentare la qualità e la fruibilità collettiva di uno spazio verde, tramite la realizzazione, in modo collettivo e condiviso, di servizi ed attività aperte al pubblico, destinate al quartiere e connotate da forti fini sociali. I community garden sono iniziative autopromosse dagli abitanti di un quartiere per il riutilizzo di parti abbandonate del quartiere: brani di aree ferroviarie, lotti interclusi, pezzi di verde ridotti a discarica e sono serviti a costruire nuovi spazi pubblici, a produrre ortaggi, ad integrare e valorizzare le diverse culture in contesti spesso multietnici.

L’esperienza più eclatante è quella di New York, dove esistono oggi più di 750 community gardens,

totalmente autogestiti dai cittadini. Molti giardini sono oggi in pericolo, attaccati da progetti di sviluppo e difesi strenuamente dagli abitanti. Un community garden può contenere al suo interno più attività e servizi come ad esempio:

• L’orto-giardino comunitario, comprensivo di frutteti, gestito da tutti i cittadini interessati a praticare in modo collettivo l’orticoltura per autoproduzione e la coltivazione di fiori per svago e fruibile a tutti i cittadini.

• Il giardino multifunzionale, dotato di boschetti, pergolati, piazzole per picnic dotati di barbecue, forno a legna ed aree cucina per cucinarsi da soli, pergolati, giardini fioriti, giardini odorosi, giardini sensori (per non vedenti), piazzole per attività artistiche libere e gratuite (concerti acustici, cori, readings di poesia, teatro, danza, esposizione di sculture, feste, recite scolastiche, arte da strada, ecc..).

• La scuola all’aperto, che comprende spazi come laboratori dedicati all’autoproduzione (pannelli solari termici, fai-da-te, ciclofficina, erboristeria, preparazione di cibi, ecc…), all’artigianato ed all’arte, piazzole per l’insegnamento all’aperto dedicato alle scuole ed autogestito dagli insegnanti e per workshops teorico-pratici di educazione alla sostenibilità.

• La piazzetta del mercato, dedicato a piccoli mercati temporanei degli agricoltori biologici dell’area (“farmer’s markets”), mercato dei fiori, mercati del commercio equo e solidale, mercati del

riuso e del riciclaggio, mercati del baratto, ecc..

 

Questa è un’idea e sicuramente non l’unica. Ognuno di noi certamente ne ha una e forse proprio questo dovremmo fare: immaginare come vorremmo che fosse il nostro quartiere nella sua totalità e nelle sue parti e poi magari ragionare insieme delle varie nostre visioni e di come poterle realizzare. Sarebbe molto interessante portare avanti questo tema magari, tra gli altri, anche con le scuole.

 Chiara Ortolani  (pubblicato sul numero di aprile 2008 di Qp)  

Posted in STAZIONE QUATTRO VENTI | Comments Off on LA BELLEZZA DELLA CITTA’

L’INCURIA E LA BRUTTEZZA DELL’ AREA QUATTRO VENTI

Alla cortese attenzione della redazione di "Quattropassi".

Sono una vostra lettrice e considero molto importante ciò che state facendo con questo giornale: è come dare un’anima e un senso di appartenenza al nostro quartiere. Questa che vi inoltro è una lettera che ho spedito anche al XVI Municipio, ma tengo a spedirla alla vostra redazione, poiché spesso sul giornale compaiono articoli e lettere che hanno al centro l’interesse dei cittadini per l’area che gravita intorno alla nuova stazione "Quattro Venti". Si tratta di una questione che riguarda tutti, specialmente noi abitanti di Monteverde. In allegato vi spedisco anche delle foto.

Gentile Presidente Fabio Bellini,

le scrivo a proposito dello stato di degrado in cui versa il parcheggio di Viale dei Quattro Venti e l’attigua area "recintata", destinata a pista ciclabile. La rete è stata in più punti divelta, la pista e l’area "verde" intorno sono in stato di abbandono, sporcizia dappertutto, punti pericolosi e tombini scoperchiati. La sera la pista è al buio, se non debolmente illuminata dai lampioni del parcheggio. Inoltre, poco distante dall’associazione bocciofila, è stata "eretta" tra gli alberi una baracca. (E’ abitata?) Si è cominciato a parcheggiare le macchine anche nell’area destinata alla pista ciclabile, proprio a fianco al campo di bocce. Come cittadina del quartiere, trovo sconcertante lo stato di abbandono in cui versa questo spazio, solo poco tempo dopo la "conclusione" dei lavori di ripristino.

Di chi è quest’area, a chi appartiene? Alle Ferrovie o al Comune? Possibile che non si possa far nulla per pulire questi spazi, che comunque appartengono al territorio del Municipio, e a monitorarne con maggiore cura le condizioni? Non si potrebbe organizzare una manifestazione, anche gioiosa, che inauguri delle iniziative di presidio della nuova pista ciclabile e di questo spazio, che dovrebbe essere destinato a "verde"? Penso che sia nell’interesse del Municipio, e di tutti i cittadini, difendere a oltranza tutte le aree verdi del quartiere.

E’ una questione di educazione alla Bellezza dei cittadini. Di cura delle esigenze dei cittadini. E non è poco. Non è dunque solo una questione di decoro. lo parlo proprio di Bellezza e di Cura. Gli interventi urbanistici e naturalisti- ci dovrebbero mirare all’educazione dello sguardo, che si deve abituare a osservare cose belle, non il contrario. E’ una questione di dignità politica ed etica, di gestione responsabile e partecipata del territorio in cui si vive, è un’urgenza Politica. Si tratta di un problema urgente legato anche alle possibilità che potremmo offrire agli anziani e ai bambini della zona. Non ne facciamo una terra di nessuno, non ce lo possiamo permettere. Non possiamo abbandonare uno spazio dove potrebbero nascere realtà vive di incontro e svago, libere da paure e da ossessioni, anche ipocondriache.

Mi procura amarezza anche il solo pensiero che se lì sorgesse un ufficio importante o un centro commerciale, l’area sarebbe più curata e illuminata. La città ci offre tanti di questi esempi. Per concludere: abbiamo tutti sotto gli occhi la tristezza dell’ambiente della stazione Trastevere: è un’area di certo non bella, per niente curata, a dispetto dei lavori recenti e della presenza dei capolinea degli auto- bus. Male qualcuno ci guadagna. Salvaguardiamo almeno questi nuovi spazi, che sono stati abbandonati già per troppo tempo.

La ringrazio per l’attenzione

Una maestra elementare, Iara Ciccarelli Dias (pubblicato sul numero di marzo 2008 di Qp) 

 

                                                          Clicca sulle foto per vederle ingrandite

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Posted in STAZIONE QUATTRO VENTI | Comments Off on L’INCURIA E LA BRUTTEZZA DELL’ AREA QUATTRO VENTI

luoghi comuni

« I luoghi comuni sono letteralmente quei luoghi dove un pensiero del mondo incontra un pensiero del mondo. Vale a dire, i luoghi dove un pensiero del mondo conferma un pensiero del mondo».

 

In effetti, questa del caraibico Édouard Glissan, poeta, romanziere e teorico della letteratura, è una frase un po’ criptica. Ma è anche vero che Glissant definisce la sua poetica “opaca”, quindi non definita, sfumata, in contrasto con il “definito” della cultura occidentale. Cultura occidentale che ha, da sempre, definito l’essere umano unicamente come colui che appartiene al gruppo di potere, escludendo, dalla definizione di umano, tutti coloro non identici a questo gruppo: il barbaro, lo schiavo, il bambino, la donna in quanto, ringraziando Aristotele, “anomalia della specie”. I luoghi comuni sono quelle zone non colonizzate della mente che possiamo riconoscere “sentendo” l’invisibile nelle parole, nel volto, nello sguardo, nel movimento del corpo dell’altro da sé. Riconoscere nel diverso sconosciuto l’eguale a sé. Riconoscerlo per ciò che il buon senso comune ci indica tutti i giorni: questo mi fa star male; questo mi fa star bene. Riconoscerlo per le sensazioni e per i sogni che suscita. Riconoscere e rifiutare anche chi, pur essendo identico a noi, pur essendo nostro fratello di sangue, ha perduto il patrimonio umano dei nati da donna.

Tornando un po’ con i piedi per terra, solo un po’, possiamo pensare all’immagine che queste due parole unite, “luoghi comuni” , evocano. La prima immagine potrebbe essere quella di una piazza, appunto, luogo simbolico dell’incontro e della dialettica tra umani; ma anche, visto l’era tecnologica, un blog dove pensieri, idee, immagini, aspirazioni, “immagini inconsce non oniriche” riferite, nel nostro caso, a luoghi di possibile incontro, cerchino negli altri una conferma e anche una possibile realizzazione concreta.

In questo momento si sta creando un altro di questi utopici luoghi comuni, utopico nel senso di “buon luogo” non di “non luogo”: una tavola rotonda che possa servire a dare un minimo di certezza pratica a questo progetto per ora presente solo come immagine indefinita diversa in ognuno dei partecipanti. Certamente oggi è solo un’immagine che contiene anche un’idea di lotta, ma tant’è …come ha scritto Glissan:

 

« Io non credo che la lotta e il sogno siano contradditori».

 

Giancarlo Zanon

Posted in GENERALE | Comments Off on luoghi comuni