L’arte della clandestinità

Clandestino

 

Da qualche anno la parola clandestino campeggia nei titoli dei
giornali, cartacei e non, con accezioni sempre più negative. Il sindaco di
Milano, la Signora, proprio ieri, ha detto senza parafrasi che il clandestino
delinque solo per il fatto di essere tale. Poi ha cercato di dire ciò che aveva
detto ingarbugliando sempre più il linguaggio sino a farne un’insalata di
parole senza capo né coda.

D’altronde, La Signora, non ha,
legalmente, sbagliato visto che esiste una legge che indica la clandestinità
come reato e quindi non ha fatto altro che adeguare il proprio linguaggio alla
realtà contingente, politica e giudiziaria italiana. L’unica domanda critica
che si può rivolgere alla Signora del nord è questa: è possibile che una legge
possa modificare così a fondo il pensiero di un essere umano sugli essere
umani, sino a far si che questa legge, fatta da uomini di stato, divenga
credenza dogmatica alla quale ci si deve per forza adeguare, anche nel più
profondo del cuore? Già, la nostra cultura, purtroppo, ha come fondamento le
tavole della legge mosaiche alle quali si deve credere ciecamente visto che
sono dettate da un dio onnipotente, demiurgo e legislatore. Già il dio del fare
…. Già ma stiamo parlando di umano e di esseri umani e questo, a quanto pare,
ha poco a che fare con il sindaco di Milano, in particolare, e allo stato delle
cose in Italia, in generale. Ha molto a che fare invece con la Signora, la
Morte, soprattutto con la morte psichica, che nega l’umanità a tutti gli esseri
umani nati da donna.

La parola clandestino entra
nella lingua italiana dal francese clandedestin,
mutuata dal sostantivo latino, clandestinu/um,
che, a sua volta, ha come fonte etimologica clam:
‘di nascosto, all’insaputa di’.

Ora veniamo a noi. E parliamo
di partecipazione e ci chiediamo per quale motivo coloro che, anziché
sopravvivere supinamente nella società, intendono partecipare attivamente alla
vita politica e quindi sociale divengono clandestini.
Queste asserzioni possono apparire come tirate per i capelli ma, se guardiamo
bene lo stato delle cose, sono assolutamente esatte. Qualcuno, con buona pace
di Freud che considerava, a prescindere, il gruppo sociale una massa criminale,
ha detto che l’essere umano per sua natura è un essere politico, nel senso che
è, naturalmente, spinto a partecipare attivamente alla vita pubblica per il
bene comune. E allora ci chiediamo perché, nel momento in cui un cittadino
prova ad occuparsi in prima persona del bene comune, nel nostro caso, alla
salvaguardia dei Luoghi Comuni, deve
vivere in uno stato di clandestinità, vale a dire deve fare le cose di
nascosto, divenendo in pratica un fuorilegge. Tanto per fare un esempio le
persone con le carriole de L’Aquila le quali sono state denunciate per aver
oltrepassato un confine assurdo che li divideva dalle loro dimore. Tanto per
farne un altro, le difficoltà legate al tentativo di creare, con la
partecipazione gratuita, giardini e orti in una zona, che da anni deve, non
dovrebbe, deve, diventare patrimonio comune; una zona che fa gola agli
speculatori dell’edilizia. Parliamo della zona della stazione Quattro Venti.
Parliamo del lavoro e della lotta che il Coordinamento Luoghi Comuni conduce da
più di due anni per far si che questo luogo rimanga patrimonio comune e non
divenga preda di speculazioni e di privatizzazioni.

Le persone che partecipano
attivamente al Progetto sono individui che non solo fanno le cose per niente ma
spendono il loro tempo e il loro danaro per il bene comune senza chiedere nulla
a nessuno; non hanno né padri ne padrini, non sono legati a nessun partito
politico; non sono un luogo chiuso, anzi l’unica preghiera da parte del Coordinamento
Luoghi Comuni è una maggiore partecipazione numerica da parte dei cittadini di
Monteverde e non solo. Le persone del Coordinamento non pensano di essere dei
paria con problemi esistenziali vorrebbero che, anziché fare le cose quasi di
nascosto, il loro lavoro divenisse palese e riconosciuto. E forse vorrebbero,
anche, e perché no, che la loro ‘clandestinità’, divenisse un bene da condividere
… come i bambini che cercano la complicità umana nei grandi.

E magari cantare con Manu Chao: Solo voy con mi pena /Sola va mi condena /Correr es mi destino /Para
burlar la ley /Perdido en el corazón / De la grande Babylon / Me dicen el
clandestino/Por no llevar papel /Pa’ una ciudad del norte/Yo me fui a trabajar/
Mi vida la dejé/ Entre Ceuta y Gibraltar/ Soy una raya en el mar /Fantasma en
la ciudad /Mi vida va prohibida /Dice la autoridad …

 

Vado
solo con le mie pene/sola va la mia condanna/ correre è il mio destino/per
burlare la legge/Perso nel cuore/ della grande Babilonia/mi chiamano
clandestino/ perché non porto documenti/In una città del nord/io andai a
lavorare/la vita la lasciai/tra Ceuta e Gibilterra/Sono una striscia nel mare/fantasma
nelle città/ la mia vita va proibita/dice l’autorità …

 

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